
venerdì, agosto 29, 2008
martedì, luglio 31, 2007
clic
uscire dalla vita
riordinarne i frammenti
da fuori
il rischio è non rientrarci
non ritrovare il passaggio
ma così fa troppo male
annaspare nel vuoto
desiderare il niente
perchè niente può darti pace
svuotarsi di pensieri
che oggi t'avvinghiano
ti pressano come macigni
dov'è l'eden
dov'è l'isola delle fiabe
avete mentito
tutti
non c'era nulla
potevate dirlo
è la saga delle falsità
il futuro una menzogna
è sempre un presente
il presente
ti intrappola nella sua eternità
e tutti a prendermi per il culo
tutti come marionette
a recitare per me
la grande finzione
la grande farsa
bastardi
bastardi
affabulatori di merda
nelle vostre case
avete tramato
un ricamo perfetto
la perfetta illusione
non c'era nient'altro
solo questo presente
infinito
non si ferma mai
uguale a se stesso
cosa c'entro io
non posso prendere e non posso dare
non posso nenche morire
eppure vorrei
come vorrei
avvolta nel buio
la luce spenta
e basta più
clic
riordinarne i frammenti
da fuori
il rischio è non rientrarci
non ritrovare il passaggio
ma così fa troppo male
annaspare nel vuoto
desiderare il niente
perchè niente può darti pace
svuotarsi di pensieri
che oggi t'avvinghiano
ti pressano come macigni
dov'è l'eden
dov'è l'isola delle fiabe
avete mentito
tutti
non c'era nulla
potevate dirlo
è la saga delle falsità
il futuro una menzogna
è sempre un presente
il presente
ti intrappola nella sua eternità
e tutti a prendermi per il culo
tutti come marionette
a recitare per me
la grande finzione
la grande farsa
bastardi
bastardi
affabulatori di merda
nelle vostre case
avete tramato
un ricamo perfetto
la perfetta illusione
non c'era nient'altro
solo questo presente
infinito
non si ferma mai
uguale a se stesso
cosa c'entro io
non posso prendere e non posso dare
non posso nenche morire
eppure vorrei
come vorrei
avvolta nel buio
la luce spenta
e basta più
clic
domenica, giugno 10, 2007
Universi ossimorici.
C’è un mondo parallelo, dove l’aria è ferma e niente si muove. La natura sonnolenta assume il ritmo rallentato degli individui che vi abitano, la cui vita è accordata su automatismi ripetitivi e bloccati. Il sole è una grande palla lontana che scalda ma non brucia. Non esiste la luna.
Il raggio d’azione di ciascun movimento è limitatissimo. Ci si muove fermi.
E’ Paternò.
A Paternò il mondo viaggia a una velocità minima e viaggia intorno ai paternesi che vedono la vita orbitare attorno a loro senza mai tuffarsi nel vortice. Perni fissi d'attrazione dell'altro, stanno lì e aspettano.
A Paternò non ci si sposta perché l’idea stessa dell’estensione spaziale non è contemplata.
I paternesi non sono stati progettati per comprendere l’idea dell’infinito e del movimento lungo e veloce nello spazio.
I paternesi sono accoglienti e generosi. Il loro mondo è lì e chiunque può farne parte ma solo per partecipare alla statica ammirazione dei loro paesaggi metafisici finti spogli e banali. Sciare abbandonate basse e ristrette alla cui vista non sanno rinunziare. I paternesi sorridono molto, sorridono ai loro tramonti spenti, sorridono dalle loro terrazze, sorridono ai loro alti monoliti. E i loro sorrisi rimangono a lungo appesi sui loro volti di marmo.
Il paternese non viaggia. Può vivere tutta una vita a ammirare il nulla seduto sulla sua sdraio di gomma e metallo, senza andare da nessuna parte. Forse intuisce che fuori c’è il mondo, ci sono altri paesi, capitali del divertimento e della cultura, metropoli tentacolari dove altri uomini vivono a ritmi più accelerati e spinti.
No. Il paternese viaggia fermo, fin dove la mente sa portarlo. Il paternese immagina poco. Non sente l’impulso di veder cosa ci sia fuori da quella stasi interiore che chiama vita. Lui è già vita, è completo così. Non gli serve altro. Non gli serve niente. Non gli serve l’amore. Non gli serve la paura. Non gli serve il rischio. Non gli serve il coraggio. Il paternese si basta perché il paternese si piace.
Ogni tanto, un pianeta solitario e triste, in moto perenne, alla ricerca di orbite eccitanti, si imbatte per errore nell’universo paternese e può essere magia. Conquistato dall’elegante lentezza, dalla forza della fermezza interiore, balla una danza indolente e rallentata, fuori dal tempo, fuori dalla vita. Poi si accorge di essere pur sempre un altro pianeta, ha bisogno della sua aria, del suo moto spinto, della sua energia e si rituffa nel vortice, nell’universo pericoloso e frenetico, nella vita. Deve seguire la sua orbita impazzita. Fermarsi equivarrebbe a morire. La missione che gli è stata assegnata ha un nome strano: felicità. Nessun abitante dell'universo sa bene cosa sia. Pare che un tempo fosse nutrimento per gli antichi abitanti ma forse è solo leggenda.
C’è un destino in ogni pianeta e ci sono pianeti il cui destino è sognare mondi perfetti che probabilmente non incontreranno mai. Sognare la vita.
Nella sua memoria rimarrà sempre quella danza ferma e surreale, quell’incontro magico al di là del tempo, in uno strano spazio immobile chiamato Paternò.
Il raggio d’azione di ciascun movimento è limitatissimo. Ci si muove fermi.
E’ Paternò.
A Paternò il mondo viaggia a una velocità minima e viaggia intorno ai paternesi che vedono la vita orbitare attorno a loro senza mai tuffarsi nel vortice. Perni fissi d'attrazione dell'altro, stanno lì e aspettano.
A Paternò non ci si sposta perché l’idea stessa dell’estensione spaziale non è contemplata.
I paternesi non sono stati progettati per comprendere l’idea dell’infinito e del movimento lungo e veloce nello spazio.
I paternesi sono accoglienti e generosi. Il loro mondo è lì e chiunque può farne parte ma solo per partecipare alla statica ammirazione dei loro paesaggi metafisici finti spogli e banali. Sciare abbandonate basse e ristrette alla cui vista non sanno rinunziare. I paternesi sorridono molto, sorridono ai loro tramonti spenti, sorridono dalle loro terrazze, sorridono ai loro alti monoliti. E i loro sorrisi rimangono a lungo appesi sui loro volti di marmo.
Il paternese non viaggia. Può vivere tutta una vita a ammirare il nulla seduto sulla sua sdraio di gomma e metallo, senza andare da nessuna parte. Forse intuisce che fuori c’è il mondo, ci sono altri paesi, capitali del divertimento e della cultura, metropoli tentacolari dove altri uomini vivono a ritmi più accelerati e spinti.
No. Il paternese viaggia fermo, fin dove la mente sa portarlo. Il paternese immagina poco. Non sente l’impulso di veder cosa ci sia fuori da quella stasi interiore che chiama vita. Lui è già vita, è completo così. Non gli serve altro. Non gli serve niente. Non gli serve l’amore. Non gli serve la paura. Non gli serve il rischio. Non gli serve il coraggio. Il paternese si basta perché il paternese si piace.
Ogni tanto, un pianeta solitario e triste, in moto perenne, alla ricerca di orbite eccitanti, si imbatte per errore nell’universo paternese e può essere magia. Conquistato dall’elegante lentezza, dalla forza della fermezza interiore, balla una danza indolente e rallentata, fuori dal tempo, fuori dalla vita. Poi si accorge di essere pur sempre un altro pianeta, ha bisogno della sua aria, del suo moto spinto, della sua energia e si rituffa nel vortice, nell’universo pericoloso e frenetico, nella vita. Deve seguire la sua orbita impazzita. Fermarsi equivarrebbe a morire. La missione che gli è stata assegnata ha un nome strano: felicità. Nessun abitante dell'universo sa bene cosa sia. Pare che un tempo fosse nutrimento per gli antichi abitanti ma forse è solo leggenda.
C’è un destino in ogni pianeta e ci sono pianeti il cui destino è sognare mondi perfetti che probabilmente non incontreranno mai. Sognare la vita.
Nella sua memoria rimarrà sempre quella danza ferma e surreale, quell’incontro magico al di là del tempo, in uno strano spazio immobile chiamato Paternò.
domenica, aprile 22, 2007
festa d'aprile
fermo il fiato del vento
il sole freddo
primavera s'annoia
nel suo niente
spenti gli occhi del mondo
nessun ombra le cose
piatti i suoni
appena in lontananza
un grumo il mio dolore
il sole freddo
primavera s'annoia
nel suo niente
spenti gli occhi del mondo
nessun ombra le cose
piatti i suoni
appena in lontananza
un grumo il mio dolore
venerdì, aprile 06, 2007
la processione
nel nostro medioevo
non ci sono parole
solo silenzi da indossare
ruoli da interpretare
e con destrezza circense
paure da scansare
delusione nell'aria
e tutt'intorno
mesta la processione
dopo la lunga festa
e questo ormai ci resta
memorie di un bel canto
nel rimpianto strozzato
pavido chi non vive
nel timor di perire
e d'esser finge
finge di respirare
finge d'amare
non ci sono parole
solo silenzi da indossare
ruoli da interpretare
e con destrezza circense
paure da scansare
delusione nell'aria
e tutt'intorno
mesta la processione
dopo la lunga festa
e questo ormai ci resta
memorie di un bel canto
nel rimpianto strozzato
pavido chi non vive
nel timor di perire
e d'esser finge
finge di respirare
finge d'amare
venerdì, ottobre 27, 2006
solo aria
vorrei entrare dentro di te
per aprire la stanza dove nascondi le lacrime
vorrei essere sangue
per scorrere nelle tue vene
e acqua rorida
per sfiorare il tuo volto al mattino
un giorno sarò notte
e scenderò nelle segrete del tuo sonno
e poi sarò alba
e rischiarerò il tuo sguardo d’eroe ozioso
sarò voce
per liberare i tuoi desideri
e occhio magico
per spiare il tuo futuro
mai sarò catena
perché le catene pesano sul cuore
né corda
perché le corde imprigionano i sogni
e nemmeno macigno
perché i macigni pestano
movimenti e pensieri
adesso sono solo aria
da attraversare liberi
da fumare come tabacco atossico
da espellere
per dimenticarsene
per aprire la stanza dove nascondi le lacrime
vorrei essere sangue
per scorrere nelle tue vene
e acqua rorida
per sfiorare il tuo volto al mattino
un giorno sarò notte
e scenderò nelle segrete del tuo sonno
e poi sarò alba
e rischiarerò il tuo sguardo d’eroe ozioso
sarò voce
per liberare i tuoi desideri
e occhio magico
per spiare il tuo futuro
mai sarò catena
perché le catene pesano sul cuore
né corda
perché le corde imprigionano i sogni
e nemmeno macigno
perché i macigni pestano
movimenti e pensieri
adesso sono solo aria
da attraversare liberi
da fumare come tabacco atossico
da espellere
per dimenticarsene
giovedì, agosto 10, 2006
Liberate i sogni!!
Il progetto è la sfida cocciuta all'imponderabile finitezza di qualunque cosa.
Nell'ostinato tentativo di prolungarne il corso, getta una base su cui dare vita alle illusioni,
su cui dare vita.
Il progetto dà direzione,
combatte il sonnambulismo esistenziale di chi si aggira incerto nel labirinto della labilità.
Il progetto dà corpo a un sogno, finalmente sveglio, libero, vivo.
Nell'ostinato tentativo di prolungarne il corso, getta una base su cui dare vita alle illusioni,
su cui dare vita.
Il progetto dà direzione,
combatte il sonnambulismo esistenziale di chi si aggira incerto nel labirinto della labilità.
Il progetto dà corpo a un sogno, finalmente sveglio, libero, vivo.
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